“Io sono il sovrano delle cose transitorie”, è il verso introduttivo e programmatico di una poesia di Robert de Montesquiou, perfettamente consono alla personalità eccentrica e alla vocazione mondana dello scrittore e poeta decadente omosessuale ritratto da Boldini nel 1897, icona idealizzata del perfetto dandy al centro di un circolo di amicizie aristocratiche in parte condivise con l’ormai celebre peintre italien de Paris.
Fra i più eccentrici protagonisti della vita di società fin de siècle, egli ispirò Huysmans per il personaggio bizzarro di Des Esseintes e l’amico Proust per la figura del barone di Charlus. Anche nella sua produzione letteraria, Montesquiou manifestava il senso di nostalgia per l’ancien régime, ponendosi, ideologicamente, in antagonismo socioculturale con la borghesia attraverso uno stile di vita chic, condotto sopra le righe, e anteponendo i piaceri futili dell’ozio alle virtù borghesi o, “addirittura”, popolari del lavoro e ostentando il superiore status sociale e culturale. Dissipò la sua straordinaria ricchezza viaggiando, seguendo la moda, concedendosi ogni sfarzo e realizzando feste e ricevimenti stupefacenti, ai quali partecipava la bella società parigina. Dato il considerevole numero di amicizie in comune, Boldini avrebbe potuto conoscere il conte già dalla metà degli anni ottanta, sebbene la prima testimonianza della frequentazione dei due risalga al novembre del 1890, quando Montesquiou scrisse: “Mi avete dato un Whistler di Boldini”, alludendo forse a un dipinto o a un disegno ritraente l’artista inglese, in quel periodo impegnato nel ritratto di Montesquiou, oggi conservato nella Frick Col- lection di New York.
Proprio il ritratto di Montesquiou eseguito da Boldini nel 1897, conservato al Musée d’Orsay di Parigi, costituisce una delle più rappresentative icone di eleganza dell’epoca, concorrendo alla fortuna critica del letterato, immortalato in guanti bianchi e bastone da passeggio nel suo costume croisé grigio polvere. “Mio caro Boldini”, scrisse Montesquiou, “ […] un personaggio di Shelley, il mago Zoroastro, si incontrò un giorno con se stesso, mentre passeggiava nel suo giardino. La stessa cosa, in meglio, è capitata a me, poiché questo secondo me stesso incontrato dal primo porta la vostra firma. Il Padiglione delle Muse si illumina oggi di un quadro di un maestro che è il ritratto del suo padrone; ed è un pensiero delicato quello d’averne voluto ornare la dimora del modello nell’ora in cui i suoi amici… e nemici, stanno per unirsi alla lode del vostro capolavoro. Il ringraziamento del modello sta nella sua alta ammirazione per il pittore, nel suo profondo affetto per l’amico.” Il ritratto fu esposto al Salon de la Société Nationale des Beaux-Arts nel 1897 e, secondo i ricercatori del d’Orsay, fu commissionato dalla comune e ricchissima amica Olga Veil-Picard, anch’ella in quell’anno soggetto di molteplici ritratti boldiniani.
“Le divine”: l’universo femminile nella Parigi di Boldini fra carteggi noti e il ritrovamento di documenti e lettere inediti”
di Tiziano Panconi
(in T. Panconi – S. Gaddi, Giovanni Boldini, Skira Editore, 2017, Milano)