Sono questi gli anni dell’impressionismo al quale Boldini non aderì, perlomeno formalmente, sebbene già nei primi anni settanta la sua pittura fosse ben avvertita delle innovazioni in corso, rappresentando un’assoluta punta di eccellenza avanguardistica. Una preziosa testimonianza in tal senso è costituta da Donna con il parasole, un dipinto pressoché sconosciuto conservato all’Art Institute di Chicago, nel quale sono già presenti le abbreviazioni formali e, ulteriormente esasperata, tutta la tensione luministica tipica del primo impressionismo. Gli anni settanta coincisero da un lato con la militanza di Boldini nelle fila degli artisti della Maison Goupil, “al soldo” del potente mercante internazionale Adolphe Goupil, e dall’altro con il persistere delle ricerche en plein air, nelle quali raggiunse esiti di straordinario, palpitante e modernissimo vigore realistico.
Il periodo cosiddetto “Goupil” (1871-1878) fu tra i più artisticamente proficui dell’attività del maestro, artefice di una cifra stilistica unica nel suo genere, essendosi misurato nell’aggiornamento dell’“interno all’olandese”, sul cui registro si era adattato buona parte del “genere d’interno” francese degli anni cinquanta e sessanta. Dapprima Fortuny lo arricchì di un “macchiettismo” cromatico, composto di pennellate minuziose e vibranti e poi Boldini, successivamente, lo trasformò in tessiture pittoriche “eccitatissime”, capaci di restituire ai soggetti una vitalità e un dinamismo sconosciuti fino ad allora.
Boldini vantava un’educazione artistica di grandissimo spessore, formatosi prima a Ferrara con il padre pittore e poi a Firenze con i grandi maestri macchiaioli. La straordinaria versatilità interpretativa e il carattere determinato e ambizioso consentirono a Boldini di affermarsi tra le fila degli adepti della Maison Goupil.
Negli anni settanta la produzione del maestro ferrarese si adeguò facilmente al vivace modello Goupil, realizzando piccole scene, prevalentemente con ambientazioni settecentesche o Impero che egli riuscì a rendere “leggerissime”, sfumandole con effetti vaporosi, forse, come affermò Ettore Camesasca, appresi dallo studio di Turner durante il soggiorno inglese.
Questa sezione si pone l’obiettivo di confrontare i soggetti di più stretta osservanza realista, come Le lavandaie, con le scene ambientate nei giardini di Versailles, nelle quali vi è una maggiore insistenza nella ricerca degli effetti accessori, in entrambi i casi promuovendo un geniale magistero tecnico-espressivo.
Tiziano Panconi